Val Castoriana - foto Marco Barcarotti

IL TERRITORIO

Un’esplosione di natura

Una valle ampia e luminosa, una natura integra e rurale che conegna allo sguardo le origini del territorio ma anche i patti stretti con l’uomo. Sono queste i tratti salienti della Valle del Campiano, scavata dall’omonimo fiume e inserita nell’alta Valnerina.

La Valle del Campiano, autentica eccellenza del territorio nazionale e dell’area Appenninica, racchiude una varietà di paesaggi che possono essere scoperti, infinite volte, semplicemente passeggiando o attraverso tour in bicicletta od escurisioni a piedi e a cavallo.

È un susseguirsi di:

  • campi modellati e coltivati
  • paesaggi arricchiti dalla mano dell’uomo
  • stagioni dai colori naturali
  • prati e pascoli
  • querce secolari solitarie, ordinate in filare o raggruppate in boschetti
  • pioppi italici, quelli dell’antica varietà cipressina
  • pendii montuosi ancora caratterizzati da fitta boscaglia
  • sentieri della transumanza e vialità storica.

La Valle del Campiano, nel versante umbro del Parco Nazionale dei Monti Sibillini ,  merita dunque  di essere scoperta per le sue peculiarità ambientale, storiche, artistiche,  culturali,  folcloristiche e gastronomiche partendo proprio da Campi che, con i suoi 146 abitanti, continua la storia del territorio.

Piccoli passi, immensa bellezza

Campi

Campi appartiene al comune di Norcia da cui dista 11 chilometri. Si distingue in due nuclei: Campi Basso (o nuovo) di epoca romana e Campi alto (o vecchio) di epoca medioevale, anche se sarebbe più logico invertire le denomiazioni Nuovo e Vecchio, poiché il nucleo di pianura è più antico. Il toponimo Campi, dal latino medioevale campi[v]us, significa ridotto a campo o a pascolo.

L’abitato di Campi Basso si presenta allungato sull’antica conoide alluvionale formata dal fosso detto Fossato, defluente dal sovrastante monte di Campi. Reperti di spglio, i cosiddetti ‘cocci’, ancora oggi rinvenibili dopo arature anche poco profonde, testimoniano che a Campi basso fosse presente un insediamento fin dall’epoca romana. Nel V secolo al picollo oratorio, voluto dal monaco eremita Spes, fu annessa la pieve di Santa Maria situata in prossimità della sorgente del Campiano. Questa pieve, dipendente dall’abbazia di S. Eutizio fin dal 1115, fu ingrandita una priva volta nel XIV secolo, quindi fu ampliata in quello successivo con la navata destra per permettere alla moltitudine dei fedeli di adorare il grande ‘Crocifisso ligneo miracoloso’ e chiamata con il nome di chiesa di San Salvatore (crollata a seguito degli eventi sismici del 2016). L’incessante flusso di pellegrini e soprattutto l’elargizione di copiose e continue elemosine finirono per suscitare la rivalità con la parrocchiale di Sant’Andrea a Campi alto. Le liti si protrassero a lungo fino a quando le due chiese furono riunite con un concordato (22 aprile 1493) secondo un’equa ripartizione di bolle, titoli e sacre funzioni.

La chiesa si contraddistingueva per la facciata a capanna in cui si aprivano due portoni ogivali, due rosoni (sec. XV) e per il piccolo portico sostenuto al centro da una colonna. Le quattro monofore, di cui una tamponata, lungo il fianco destro erano probabilmente il riutilizzo dalla precedente costruzione trecentesca. L’imponente torre campanaria in pietra, che si innalzava esternamente in fondo alla navata destra, terminava con un piccolo campanile a vela posticci e non rispettava le linee generali del progetto inciso per una lunghezza di 12 metri sul pavimento della navata a destra, portata a termine da maestri muratori lombardi attorno al 1538.

L’interno della chiesa era diviso in due navate divise da tre grossi pilastri sui quali si innestavano gli archi delle volte a crociera costolonate, che coprivano quasi tutta la chiesa, fatta eccezione per le prime due campate della navata a sinistra coperte a capriate. Sono andati distrutti a causa del sisma del 2016  gli affreschi o i frammenti di affreschi che adornavano le pareti tra cui l’incoronazione della Vergine tra angeli musicanti di Antonio Sparapane (1480).

Si è salvato dalla furia del sisma l’affresco dietro l’altare raffigurante la Crocifissione.

All’interno della chiesa erano presenti  l’Iconostasi con affreschi di Giovanni e Antonio Sparapane (1443-1466), sostenuta da una armatura in legno, adottata dopo il sisma del 1979 e un fonte battesimale cilindrico  in pietra, risalente alla fondazione della pieve ed usato per il Battesimo ad immersione.

Il castello di Campi Alto, edificato su un pendio, venne posto in epoca medioevale (seconda metà sec. XIII) a dominiodella strada di collegamento tra Norcia e Visso. Nel castello si spostarono gli abitanti di Campi Basso quando la pianura non fu più sicura.  Campi Alto è oggi disabitato a causa degli eventi sismici del 2016: per la ricostruzione del borgo è stato costituito il super consorzio ‘RicostruiAMO Campi’ che si occuperà sia della ricostruzione degli edifici privati che delle opere pubbliche a partire dalla cinta muraria, della porta d’ingresso e della torre. A parlarci delle chiese interne ed esterne al Castello è mons. Lascaris nella visita pastorale del 1712: si contavano 22 chiese poiché alle 6 di Campi Basso si aggiungono le 8 dentro le mura del Castello e altre 8 definite ‘rurales’.

Oggi dentro le mura castellane rimangono solo tre chiese danneggiate dal sisma del 2016: Madonna delle Grazie, edificata sulla parte più alta del castello probabilmente nel 1630 e Santa Maria di Piazza, fondata nel 1351 con annesso ospedale, contraddistinta da un piccolo campanile a vela e divisa all’interno in tre navatelle di cui quella centrale rivestita da affreschi riferibili a Giovanni Sparapane (seconda metà del secolo XV) che illustrano episodi della vita dei genitori di Maria (i santi Gioacchino ed Anna) e della Vergine con scritte in volgare.  Infine, la chiesa di S. Andrea, già dipendente dell’abbazia di S. Eutizio fu costruita a spese della Università di Campi che ne rivendiò il diritto di patronato. Sul finire del XV secolo divenne parrocchiale assorbendo il tiolo plebale della chiesa di San Salvatore. Si raggiunge attraverso una ampia e solenne scalinata che si apriva nel caratteristico portico pensile in pietra a cinque arcate che, purtroppo, è crollato a causa del sisma del 2016. La chiesa sorse in epoca trecentesca e fu apliata nel XVI secolo in una seconda navata oltre le mura del castello ed arricchita con il portico che in parte tagliò la primitiva decorazione esterna dell’edificio.  L’interno era diviso in due navate con pavimentazione in pietra, soffitto con volte a crociera cheripartivano, insieme ai pilastri di sostegno, le navate in tre campate. Dei sei altari, quattro erano corredati di macchine lignee barocche, mentre quelli dedicati a S. Andrea e al Crocifisso avevano macchine in muratura e stucco. Tutti gli arredi e le opere d’arte che è stato possibile salvare dalle macerie è stato portato a Spoleto, presso il deposito di Santo Chiodo, in attesa che  vengano ripristinate le condizioni di sicurezza per riporate tali beni culturali nei propri luoghi di origine.

Ancarano

I quattro nuclei (Capodelcolle, Piedelcolle, Pielarocca e Sant’Angelo) che costituiscono Ancarano, frazione del comune di Norcia, presentano delle peculiarità uniche: la chiesa di S. Antonio Abate (secolo XIV) con affreschi nella facciata tra cui un S. Cristoforo di dimensioni gigantesche così da essere individuato dai viandanti anche a grande distanza. La chiesa è situata lungo la via che sale ai ruderi di  Castelfranco, l’antico castello edificato per volere del comune di Norcia tra il 1370 e il 1379. Lungo le mura perimetrali si individua ancora la porta turrita d’ingresso e i resti della chiesa di Santa Maria del castello (seconda metà XIV secolo) incuneati sul financo della parete rocciosa a strapiombo sulla Vallestretta. Elemento identitario della frazione è il piccolo viale della Rimembranza che dai ruderi della Chiesa di San Benedetto conduce al cimiteri: all’indomani del primo conflitto mondiale venne piantano un albero per ogni Caduto della frazione in ricordo del sacrificio compiuto. Nonostante i danni subiti, la chiesa della Madonna Bianca non  è  crollata in seguito agli eventi sismici del 2016.  Aperta verso la silente campagna la chiesa con il portico cinquecentesco attende di essere restaurata. Ampia e lineare nel suo assetto architettonico, la chiesa della Madonna Bianca risale al XIV secolo e viene considerata erede della chiesa di Santa Maria del castello. La torre campanaria, con un unico fornice e una sola grande campana (messa in salvo dai Vigili del fuoco all’indomani del sisma) si innesta sulla fronte ed è caratterizzata alla base, da due leoni accovacciati e da una scala a sbalzo sul retro. Sotto le volte del narcete si apre il portale in stile gotico (fine XV secolo) e una edicola a sinistra coperta con volte a crociera. L’interno è a due ampie navate, divise da quattro colonne, con affreschi alle pareti tra cui ‘le vicende della vita della Madonna e votivi’ attribuiti ad Antonio Sparapane e alla seconda generazione degli Sparapane (secc. XV-XVI). Il nome della chiesa è dovuto all’altorilievo marmoreo della Madonna Bianca, opera dello scultore fiesolano Francesco Ferrucci di Simone (1488).

Piedivalle

Questa piccola frazione del comune di Preci si è sviluppata intorno all’abbazia  secondo un antico sistema insediativo, organizzato in una vera e propria comunità sopravvissuta come Comunanza agraria della Guita dell’Abbazia. Originari di Piedivalle erano i Seneca, una famiglia con una lunga tradizione artistica e un vicario di San Carlo Borromeo. A Norcia i Seneca edificarono un palazzo omonimo (secolo XVI) oggi hotel Palazzo Seneca in via Cesare Battisti, a poca distanza da piazza San Benedetto.

Collescille

Giace in un precipitoso, ed aspro Monte, fortificato da spaventose balze e grossi macigni di vivaci pietre, circondato dall’oscure selve”. Così viene ricordato Collescille, frazione del comune di Preci, che sorge sulle pendici del monte Moricone a 944 metri sul livello del mare, sull’antico sentiero di collegamento tra Preci e Visso.  È un magnifico punto di osservazione sulla Valle del Campiano, la Valle Castoriana, la Valle Oblita e la Valle di Todiano. Dal paese, infatti, parte un sentiero che conduce alla cima del Monte Moricone, a quota 1433, da cui è possibile ammirare le valli e le cime  circostanti.

Preci

Il toponimo ‘Preci’ è da ricondurre al latino praeceps (precipite, a strapiombo) o preces (preghiere), forse per la presenza di un antico insediamento monastico.  Si è sviluppato attorno al castello di pendio – eretto nella seconda metà del XIII secolo e sottomesso all’antico comune di Norcia. Ad esso è legata la Scuola Chirurgica Preciana sviluppatasi all’ombra dell’abbazia benedettina di Sant’Eutizio.

La scuola chirurgica preciana raggiunse fama internazionale ed ebbe la caratteristica di tramandarsi in maniera empirica. Il visitatore apostolico mons. Innocenzo Malvasia nel 1587 così li definisce “Son chirugici da cavar pietre, catarate et testicoli” ovvero noti per le particolari conoscenze chirurgiche nella estrazinoe dei calcoli, nella rimozione della cataratta dell’occhio e nella castrazione”. L’arte chirurgica si tramandò di padre in figlio tanto da costituire nel tempo vere e proprie dinastie di chirurghi come, ad esempio,  le famiglie Scacchi, Catani, Accoramboni, Lapi e Carocci.  Il museo della scuola chirurgica preciana è attualmente chiuso a causa degli eventi sismici del 2016.

L’abbazia di S. Eutizio, devastata dagli eventi sismici del 2016, è in fase di ricostruzione. Scrigno di spiritualità e di arte, luogo di memoria e di speranza, culla del monachesimo benedettino e della spritualità umbra. È qui che nel V secolo si sviluppò una vera e propria tebaide di eremiti e monaci provenienti dalla Siria. Nei dialoghi di Gregorio Magno si attingono le poche ma essenziali notizie che riguardano S. Spes, fondatore di un piccolo oratorio in onore della Madre di Dio la cui opera venne proseguita da S. Eutizio, suo discepolo e successore. Da S. Eutizio nasce la regola benedettina e questo centro divenne un importante punto di riferimento, non solo religioso ma anche culturale, economico e sociale per tutto il territorio ma anche famoso in tutta Europa per la sua Scuola chirurgica preciana oltre che per la sua ricca biblioteca che rimase in loco info al 1605.  L’abbazia era sormontata da una rupe dove era presente un campanile e il cimitero. A causa dei terremoti del 26 e 30 ottobre 2016 la rupe con  il campanile e una parte del cimitero sono crollati sopra una parte del monastero e la facciata dell’abbazia distruggendo il portale dell’’umile abate Teodino’ del 1191 e il rosone fatto dal Maestro Pietro nel 1236, al tempo del priore Giovanni. Il museo abbaziale è attualmente chiuso a causa degli eventi sismici del 2016.

Borgo Preci

Piccoli passi, grandi sorprese anche nei dintorni

Monti Sibillini

I Monti Sibillini sono un baludardo calcareo con oltre una cinquantina di cime, alcune delle quali superano i due mila metri di quota e raggiungono con il monte Vettore i 2476 metri. Parte di questa area, tra l’Umbria e le Marche,  è ricompresa dal 1993 nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini non solo per il ricco patrimonio ambientale e l’alta concentrazione di specie rare – come il lupo, l’aquila reale – ma soprattutto con finalità di stimolare e promuovere sviluppo socio- economico.  I Monti Sibillini sin dal medioevo sono stati sinonimi di luogo magico e ancora nel XIX secolo il viaggio in questi luoghi doveva essere intrapreso in gran segreto rappresentando una pericolosa sfida. Nel XIII secolo negromanti, maghi e streghe provenienti da tutta Europa affrontavano grandi fatiche e immensi pericoli per giungere nei Sibillini. Guido Piovene, nel suo ‘Viaggio in Italia’ ha definito i Sibillini i monti più misteriosi del centro Italia. Una magia che sopravvive nella loro natura imponente ed indomita.  Oltre al Monte Vettore è noto il Lago di Pilato a quota 1940 metri di altitudine, il cui nome è legato ad una leggenda. Pilato, reo della morte di Cristo, sarebbe stato trasportato da un carro tirato da due buoi sulla cima del Vettore e scaraventato nelle gelide acque del lago, oggi noto per la presenza di un crostaceo, il chirocefalo del Marchesoni.  Molto belle, soprattutto nel periodo della fioritura (giugno-luglio), sono le Piane del Castelluccio: Pian Grande, Pian Piccolo e Pian Perduto. Si tratta di un unicum paesaggistico di grande interesse che, ogni anno, è meta di turisti provenienti da ogni parte del mondo.

Norcia

Risalente al periodo pre-romano, come testimoniato da numerosi ritrovamenti nella parte bassa della città, Norcia fu municipium in epoca romana e sede di diocesi (sec. V-VI). La vera morfologia urbana di Norcia, consolidatasi nel XII secolo e poi seguita da interventi massicci nei secoli XVIII-XIX, ricorda nella pianta una vaga forma a “cuore”. Fortificata da possenti mura, fu ripartita in otto guaite che prendevano nome da una chiesa o da una porta. Dopo il sisma del 2016 la città è in fase di ricostruzione: sulla piazza si affacciano i cantieri della Basilica di San Benedetto, del palazzo comunale e, si auspica presto, quelli della Castellina, il compatto fortilizio quadrilatero con torrioni angolari a scarpata ‘sghemba’ edificata per volere di papa Giulio III e su disegno di Jacopo Barozzi detto il Vignola tra il 1554 e il 1563.  Fu concepita come sede fortificata del Prefetto della Montagna e venne rafforzata nel 1562 da un corridoio sotterraneo che, mettendo in comunicazione con l’esterno, sopperiva alle necessità della giustizia e del prefetto. Prima del sisma del 2016 la Castellina era sede del museo civico e dioscesano. A sinistra della Castellina sorge la chiesa concattedrale di Santa Maria Argentea, crollata a causa degli eventi sismici del 2016. Al centro della pizza, fulcro sociale della città, sorge la statua di San Benedetto, patrono della città e d’Europa, opera dello scultore messinese Giuseppe Prinzi (1880). Sono in fase di partenza anche i cantieri per la ricostruzione del complesso monumentale San Francesco, sede dell’auditorium, dell’archivio storico e della biblioteca comuanale nonché il percorso di visita del Criptoportico romano (presso porta Massari), originariamente interrato ed utilizzato come via sotterranea e area di servizio, che perimetrava il foro dell’antica cittòà romana raccordandosi al portico sovrastante tramite scale e rampe secondo una planimetria ad ‘U’. In questo sito, prima del sisma del 2016, facevano mostra di sé testimonianze della civiltà sabina: reperti di un villaggio di capanne (secc. IX-VIII a. C.) e corredi tombali (sec. VII-VI a. C.), suppellettili di tombe a fossa, epigrafi e cippi di età romana (secc- I-IV d.C.).  Interessanti dal punto di vista ambientale sono le Marcite, prati perenni irrigati con acque risorgive delle sorgenti Salicone, Torbidone e San Martino.  Con finalità didattiche, turistiche e culturali la Comunità Montana della Valnerina, negli anni ’90, acquistò e restaurò alcuni antichi mulini idrauilici che sono stati distrutti dal sisma del 2016. Siamo nel Piano di Santa Scolastica,  considerato un esempio insuperabile di paesaggio agrario itliano, nel quale è possibile leggere le relazioni tra insediamenti, viabilità e attività agricole del Nursino. La Piana ha una forma ellettica e si estende per oltre sette chilometri di lunghezza e tre di larghezza media. Ad emergere sulla Piana il dosso isolato di Poggio Vallaccone, ritenuto dai geologi un’isola calcarea massiccia del Cretacico inferiore (da 150 a 140 milioni di anni fa) prevalentemente costituita da maiolica.

Norcia è famosa anche per la produzione di ‘norcinerie’ ossia i prodotti della lavorazione delle carni di maiale (prosciutti, salami, lonze….) ma anche per ottimi formaggi, lenticchie di Castelluccio, farro, trote fario,  miele,  frutti del bosco e sottobosco.

Castelluccio di Norcia

Castelluccio di Norcia è un piccolo borgo situato in provincia di Perugia, nella regione dell’Umbria, nel cuore dei Monti Sibillini. Il paese sorge a 1452 metri di altitudine.

Il borgo è molto conosciuto per i suoi famosi campi di fiori di lenticchia, che ogni anno attirano numerosi turisti da tutto il mondo. La lenticchia di Castelluccio è infatti un prodotto di alta qualità, coltivato in modo biologico e sostenibile nelle campagne circostanti.

Castelluccio di Norcia è anche un importante punto di partenza per escursioni ed attività all’aria aperta: dai sentieri escursionistici alle piste da sci, alle attività legate all’agriturismo.

Castelluccio di Norcia è quindi una tappa obbligata per chi vuole scoprire la bellezza e la tradizione di uno dei borghi con il panorama più bello dell’Italia centrale.

Triponzo

Fin dai tempi antichi Triponzo – il toponimo deriva dal latino Trium pontium, luogo dei tre ponti – è sempre stato un importante snodo per la viabilità, come attesa il taglio della balza rocciosa che prese il nome di Balza Tagliata, la cui esistenza è provata fin dall’eta preromana lungo la via Nursina. Oggi Triponzo è una frazione del comune di Cerreto di Spoleto ed è nota per le sorgenti di acqua sulfurea dei Bagni di Triponzo, unica SPA termale dell’Umbria.

Notizie tratte da:
  • Maria Paola Palomba, “Lassù, da Borgo Preci alla Còna di Forca di Gualdo” – Un invito nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, Morlacchi editore, 2013.
  • Rita Chiaverini, Renato Covino, La chiave dell’Appennino. Triponzo: una comunità tra terra e acqua, Il Formichiere, 2021.
  • Rita Chiaverini, Romano Cordella, La Provincia dell’Umbra nella relazione Benucci (1781-1783), Deputazione di Storia Patria per l’Umbria, 2013.